Juan era il più esperto. Era solito cimentarsi in avventure estreme e la montagna era il suo pane quotidiano. Da lui arriva lo stimolo e da lui tutte le attrezzature necessarie per l’escursione che stanno per affrontare. Willy aveva ridisceso il River Boi già due anni prima. L’esperienza era stata eccitante e divertente e aveva proprio voglia di scrollarsi di dosso lo stress di una giornata di lavoro. Per Guglielmo invece era una novità assoluta. Per tutto l’inverno si era cimentato con l’arrampicata ma ancora aveva dei piccoli timori nella discesa in doppia e sapeva di non potersi fidare fino in fondo dei suoi infingardi amici. E i due ci marciavano su. Nel viaggio lo stuzzicavano con particolari nuovi e sempre più preoccupanti il loro fraterno amico. Il canyon è ufficialmente chiuso almeno per due ragioni: la stagione (c’è decisamente troppa acqua) e per l’ora (bisogna esser fuori per le 17) visto che sono già le 18 e i tre si stanno ancora mettendo le scomode mute per difendersi dal freddo.
Fatto sta che il viaggio ha inizio con una calata da una corda fissa dalla dubbia tenuta che porta i tre nella prima delle innumerevoli pozze che li porterà alla cittadina di Winserfield, 3 ore più sotto. Di colpo la stanchezza e la frustrazione di una giornata spesa davanti a farmaci numeri e computer si sfalda nel meraviglioso mondo della sopravvivenza.
Calate in cascate dalla portata decisamente impressionante, salti in gorghi spumeggianti e accompagnati da vipere acquatiche, i tre procedono baldanzosi tra risa e scherzi in questo ambiente selvatico e meraviglioso. Guglielmo è subito a suo agio e l’adrenalina e la vicinanza degli amici lo aiuta a scrollarsi di dosso i timori. Si sta divertendo come un pazzo! Si cala dalle cascate come se fosse il suo pane quotidiano e sfida l’altezza con tuffi senza remore. Willy e Juan si godono appieno i toboga che, con questa portata d’acqua decisamente abbondante, sono molto più “audaci” e divertenti. Scivoli di roccia di una decina di metri che sobbalzano verso nuove incredibili spumeggianti pozze. Non bisogna far altro che fidarsi del Dio fiume e sperare che tutto fili liscio. Così è.
Dopo salti nel vuoto di una decina di metri da alberi sporgenti, e dopo essersi trovati in una cavetta sotto diverse tonnellate di roccia dove l’unica uscita è quella sotto una potente cascata che li manda sott’acqua per diversi secondi, ecco che il climax raggiunge il suo culmine. Stanchi, felici e appagati dopo circa due ore di gaudio e risate estasiate si preparano all’ultima grande calata della cascata finale. Preparati forse è una parola grossa. Guglielmo si cala per primo e non gli vengono date particolari istruzioni se non “il terrazzino di roccia sarà evidente”. Dal punto di vista di Willy e Juan è un salto nel vuoto. Solo Juan sa bene cosa c’è sotto. Ha fatto questa esperienza decine di volte senza mai stufarsi dell’ambiente primigeneo che permea le alti pareti del canyon, costellate di rari gigli arancioni. Tuttavia il suo fare tranquillo e sereno ispira tale fiducia nei suoi compagni che non si rendono conto del pertugio selvaggio in cui sono. Si affidano totalmente al loro Idiana Jones. Questa mancanza di attenzione fa si che l’ultima calata faccia andare la situazione un po’… a sud.
Guglielmo vede lo sperone roccioso da cui avrebbe dovuto svincolarsi dalla cascata sfilargli sulla sua destra… e viene calato ulteriormente nei gorghi di quello che è comunemente conosciuto come “tritacarne“, così detto per le due capre che ci erano incastrate e avevano reso impraticabile la pozza pochi anni prima.
I due per un paio di minuti non si accorgono delle difficoltà dell’amico. Guglielmo capisce presto che non si è calato nel luogo giusto. Centinaia di litri d’acqua lo sotterrano incessantemente. La corda lo tiene legato e dal ribollire dell’acqua vari pezzi di legno scompaiono nei gorghi a pochi centimetri da lui per non apparire più. I suoi sforzi sono vani. Prima il panico si impadronisce di lui, poi cerca di uscire “nuotando” dalla pozza infernale. Niente da fare, la corda lo tira dentro. Nel mentre Willy e Juan smettono finalmente di fare i guasconi: Juan si cala e lascia Willy per la calata finale per aiutare Guglielmo a uscire dal pantano in cui evidentemente è finito. Si cala e con manovre degne della sua fama salva l’amico che lo ringrazia mallevato dalla necessità di sopravvivere a stento. Da qui in poi per lui Juan sarà conosciuto come San Juan “il misericordioso”. Se nonché lo stesso Juan fa notare come, un po’ come la chiesa cattolica, mette nei casini la gente con il peccato originale e poi pretende di salvarlo; della serie fatti una domanda e datti una risposta. Guglielmo si convince che l’epiteto di santo è esagerato.
Intanto una cascata gigante più sopra, il freddo e la stanchezza si impadroniscono di Willy. Mentre maneggia con il piccolo dispositivo che permette la calata in corda doppia pensa: “su questo dispositivo si basa la mia vita, l’unica cosa che non devo fare è perderlo, certo che Juan si è fidato a mettermi in questa condizione certo che…” l’operazione di per se è idiota ma la tensione e la spossatezza, unita al fatto di ritrovarsi da solo sul ciglio di una cascata, fa il resto. Le corde, che penzolano nella cascata strattonano Willy che perde il controllo delle sue mani.
In un attimo vede il piccolo dispositivo blu scivolargli dalle mani e finisce venti metri più sotto, nel tritacarne.
Nello stesso momento Guglielmo, ormai in salvo, vive l’esperienza mistica della sopravvivenza. Assapora i vapori della cascata in cui era risucchiato e la sua anima vive di una rassegnata felicità. Juan si mette le mani nei capelli quando si rende conto di cosa è successo sopra la cascata. Finalmente, risoluto e con altre abili manovre ai più impossibili, scala la roccia bagnata e raggiunge le corde; lega ad una di esse un nuovo secchiello(così si chiama il dispositivo per scendere in corda doppia). Un paio di altre peripezie e i tre sono di nuovo uniti. L’ora è ormai tarda, gli stomaci brontolano, mezzora di salti, cadute rovinose e spossanti scivolate e finalmente sono tornati alla macchina.
Un dopo lavoro che rende la vita eccitante è cosa buona è giusta.
cosa buonissima e giustissima!!! 🙂 mi sento così banale con la mia palestra…:) hai reso benissimo con le tue parole TRIDIMENSIONALI un dopo lavoro super alternativo. bravo bravissimo!
una partitina tranqui-tranqui a ramino no…eh?! 😉
Beh… pero’ anche col rischio di vite innocenti (forse) ne e’ valsa la pena! Davvero una grande giornata.
e da ieri ho sul cruscotto un santino di San Juan 🙂
Birra e TV! 🙂
Bellissimo racconto, da fiato sospeso!
Questo simpatico racconto dovrebbe esser vietato ai parenti di WillY, Guglielmo e San Juan…
:)ogni riferimento a cose o persone e’ puramente casuale. Sono certo che sant antonino di susa e’ molto lontano dal river Boi:)