Alzare la soglia del dolore. Ho imparato questa tecnica con i miei Amici tanti anni fa. Abbiamo anche scritto un trattato in latino, in una serata particolarmente ispirata da zio Bacco. E questa tecnica è stata fondamentale nella quattro giorni selvaggia nel Gran Paradiso che ho affrontato con i magnifici ragazzi iralndesi: Comarc, Dave e Tearnan.
Scoperta la loro giovane età, ho pensato che il miglior modo di farli vivere le nostre Alpi fosse la modalità root. La modalità hardcore. La modalità selvaggia. 4 giorni, solo bivacchi, bagni nei laghi, un po cibo nello zaino, poche persone nelle valli remote del Gran Paradiso e un bel pacco di metri di dislivello da macinare ogni giorno. L’idea, è stata azzeccata!
Era tanto tempo che non mi trovavo in tale situazione di stress fisico. Con corpo e mente a lottare e insultarsi tra loro. O meglio. Tutta la lotta era intestina nel cervello: una parte che aveva pianificato a priori trekking estenuanti e l’altra parte che si lamentava di dover continuare a camminare dopo già 6-7 ore di cammino e con diversi giorni sulle spalle. Il corpo, mero esecutore, era il capro espiatorio che prendeva atto con rassegnazione delle decisione nel cervello e che ha imparato a conoscerne le follie in questi 30 anni.
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E dunque eccoci tutti qui, un gruppo di faticatori e di gente selvaggia. Con il sudore di 4 giorni accumulato, con il sole a spaccarci la pelle e i muscoli tesi e pronti ai crampi ad ogni passo. Felici come non mai, su questi pendii assolutamente magici, resi ancora più splendidi dalle nostre precarie situazioni psicofisiche, pronti ad emozionarsi e a immergersi in cotanta bellezza senza filtri. Con la mente totalmente impegnata nelle lotte di cui sopra, il corpo poteva contemplare e godere del presente appieno. Con foga e ardore. Con soddisfazione e piena Vita. Perché la fatica porta a soddisfazione e mai ci si sente Vivi come quando si lotta per qualcosa in cui si crede. E il nostro credere, in questo vagare apparentemente inutile, era proprio un inno alla vita di per se stessa. Un inno al presente e al nostro saper vivere intensamente. Liberi di sentirsi uomini. Fallibili, chiaramente limitati dal nostro dolore fisico. E proprio per questo terribilmente Vivi.